Blow Up

di Michelangelo Antonioni (1966)

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  1. DayDreamer86
     
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    Regia: Michelangelo Antonioni
    Cast: David Hemmings, Vanessa Redgrave, Sarah Miles, Jane Birkin
    Drammatico
    Gran Bretagna\Italia 1966
    110'

    Thomas, giovane affermato fotografo, riprende in un parco le effusioni di una coppia, ma la donna vuole a ogni costo i negativi. Thomas, con un trucco, gliene consegna invece un altro e quando sviluppa le foto, ingrandimento dopo ingrandimento, intravede un cadavere.

    Vediamo se riesco a parlarne questa volta, e abbastanza chiaramente; visto che è da un po' che pensavo di commentare questo film! :D

    Ancora una volta il tema è una riflessione “esistenzialista” sull’uomo e il suo essere nel mondo; ma da qui, prima di tutto, “Blow Up” è un ragionamento di Antonioni sul cinema, sul proprio ruolo di regista.
    Il film in questione è assolutamente affascinante perché intrigante e ambiguo, è sempre spunto per nuove interpretazioni: ma credo di poter dire che ciò a cui Antonioni arriva in questa pellicola (per alcuni non un capolavoro, ma credo decisamente centrale nella sua filmografia) sia una dichiarazione di intenti che si libera definitivamente dalla produzione precedente, (azzardo a dire) dalle ultime propaggini di neorealismo; credo proprio si tratti di una piccola rottura col passato.
    I film precedenti solitamente puntavano la macchina da presa sull’uomo nelle sue relazioni interpersonali, il suo essere con gli altri e nel suo particolare contesto (la città, la provincia), tutte caratteristiche che fanno ancora pensare a un approccio spiccatamente realista, nella migliore tradizione italiana; spesso con l’implicazione morale di visioni su una borghesia annoiata e arida, indugiando sulla ripresa di ambienti e oggetti (i famosi “tempi morti”), che già rivelavano una volontà di analizzare a fondo le cose, di andare oltre la loro apparenza e coglierne significati nascosti, metaforici o del tutto nuovi.
    Già il fondamento del modo di vedere di Antonioni è la considerazione del reale come costituito di una profonda essenza a noi per lo più inarrivabile e irrimediabilmente distante, per lo meno non conoscibile fino in fondo o solo attraverso interpretazioni.
    La sostanza di “Blow Up” è proprio questa: spostando il discorso sull’”esserci” dell’uomo come soggetto conoscitivo, la questione ora è: indagare empiricamente la realtà (gli ingrandimenti del fotografo) porta ad una conoscenza effettiva di essa, porta oltre le immagini, oltre la realtà nel suo apparire? Ovvero: è possibile conoscere la verità? E se presumo che questo sia possibile, come sapere se questa è solo una “mia” verità, solo una mia interpretazione di essa, se in poche parole mi sto ingannando? La posta in gioco è alta, si sta parlando degli eterni quesiti filosofici: Antonioni lo sa benissimo e non ha intenzione di risolverle in questi termini, lasciandoci il senso di un’obiettività impossibile. Più significativamente, la figura del fotografo David Hammings è il pretesto per una riflessione sulla propria attività artistica. “Blow Up” può non essere il capolavoro di Antonioni, ma è decisamente centrale per la sua poetica e il suo linguaggio cinematografico. Si tratta di un nuovo punto di vista, di un nuovo modo di fare cinema come lo stesso Antonioni ha detto parlando del film: “Si allargano gli orizzonti intellettuali, si impara a guardare il mondo con altri occhi, ci si libera del provincialismo, forse anche del quietismo che qui in Italia ci sta addosso come una cappa […] Arrivo a dire: la crisi del personaggio del film è stata un po’ anche la mia, so di essere diverso da prima, proprio nel modo di stare di fronte alla realtà.”
    Se è impossibile una considerazione oggettiva della realtà, impossibile sarà anche un ruolo obiettivo del cinema come approccio alla realtà. La realtà diventa più ambigua più la si esamina, una ricerca infinita che mai giungerà alla sua essenza: l’arte non potrà mai ridare la vera natura del reale perché fornisce rappresentazioni dell’apparenza, per lo più sottoforma di interpretazioni (si tratta veramente di un delitto? Lo possiamo solo supporre in virtù di certi indizi). Infatti l’unico modo di espressione per l’arte è la finzione (la partita a tennis immaginata), che mette in gioco, oltre allo sguardo, anche l’immaginazione di chi vede: vale a dire un’interpretazione.
    Per intenderci, un’operazione come “La terra trema” di Visconti (il primo film puramente neorealista che mi viene in mente) è inconcepibile in questi termini, non è possibile dare una visione delle condizioni dei pescatori siciliani degli anni ’40, sebbene lo stile sia quasi documentaristico, gli interpreti siano attori non professionisti e pescatori come vuole la storia, l’ambientazione fedele: è già finzione. Oltretutto c’è chi dice che anche il documentario sia "drammatico", poiché si tratta pur sempre di un’interpretazione del mondo, di un modo di vedere, attraverso il montaggio delle immagini che si scelgono ecc…
    Ho individuato questo senso; il film di Antonioni è effettivamente difficile (ce ne ho messo per postare un commento! :lol: ), forse di un intellettualismo un po’ debordante. Sta anche in questa ambiguità e misteriosità il suo enorme fascino: in quelle sospensioni spazio-temporali che sono tipiche di Antonioni e che sono ineguagliabili, quelle inquadrature che sono come presagi, allusioni…
    Mi stupisce ancora chi lo considera un puro e semplice ritratto della “Swinging London” degli anni ’60 poiché il film è talmente ricco di spunti, di indizi per sviluppare idee e ragionamenti, certo non espliciti, ma che si fanno sicuramente percepire; oltretutto questa ambientazione è genialmente funzionale al discorso di Antonioni sull’immagine.
    È uno dei miei film preferiti da sempre, soprattutto per la meravigliosa ed elegantissima regia che allestisce una storia davvero avvincente per la sua allusività: Antonioni per me è un grande del cinema internazionale.

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  2. sammy314
     
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    I miei complimenti più sentiti al vecchio Zio/DayDreamer per la splendida recensione. " Blow Up" l'ho visto proprio poco tempo fa ed è un film che mi ha lasciato proprio questa sensazione: un'analisi sulla realtà e, soprattutto, sull'impossibilità di affrontarla con obiettività, con oggettività, il che comporta, inevitabilmente, una narrazione ambigua, e pone, indirettamente, dilemmi esistenziali e filosofici sull'esperienza sensoriale, sull'obiettività del reale e, soprattutto, su cosa sia questo reale: basti pensare all'indimenticabile scena finale con la partita di tennis immaginata. Comunque ha già detto tutto DayDreamer, non posso che quotare. Riguardo ad Antonioni, per quello che ho visto - e purtroppo è poco - sono d'accordissimo che si tratta di un regista a tutti gli effetti " difficile", di un certo tipo di cinema più èlitario, più intellettuale e capisco perchè possa allontanare molti a una prima visione.
     
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  3. Micael1
     
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    Sono passati dieci anni dai post precedenti (e dalla morte di Antonioni). Non so quanti da quando ho visto la prima volta "Blow up".
    La prima visione l'ho fatta quando è uscito, a Londra. La seconda, quando ho deciso di non uscire dal cinema, per vederlo una seconda volta. Nell'intervallo passeggiavo avanti e indietro mostrando tanto turbamento che la maschera mi chiese "Are you all right?"
    Ora ho visto la versione restaurata (in lingua originale). Malgrado il restauro i colori mi sono sembrati spenti e confusi.
    E' veramente un grande film: i movimenti della macchina da presa creano un'emozione dinamica di RICERCA.... Magari una ricerca destinata a fallire, come quella del protagonista...
    Da un bellissimo articolo di Emiliano Morreale su Repubblica ho appreso che Antonioni si era approfinditamente informato sulle mode e le tendenze di quegli anni, e si era avvalso di collaboratori qualificati.
     
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2 replies since 20/7/2007, 23:01   155 views
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